Le origini delle Maldive sono ancora oggi avvolte da una nebulosa di mistero e poggiano essenzialmente su di un cumulo di miti poiché poco si sa di queste terre prima della loro fase di islamizzazione, avvenuta nel XII secolo. Alcuni archeologi ritengono che le popolazioni delle Maldive esistessero già intorno al 2000 a.C. e che quei posti costituissero lo scalo di numerose civiltà marine, tra cui romani ed egizi. Harry Charles Purvis Bell, funzionario britannico del Ceylon Civil Service, agli inizi del Novecento guidò due spedizioni archeologiche che individuarono i ruderi di numerose strutture a cupola, dette hawitta, una tipologia di reliquiari buddhisti che fanno avanzare ipotesi sul tipo di religione professata in origine.
Le Maldive si sono dunque convertite all’Islam nel 1153 e ancora oggi si conserva a Malé la più antica moschea dell’arcipelago, la Hukuru Miskiiy (meglio conosciuta come Old Friday Mosque), ricostruita nel 1337 e tutt’oggi visitabile. Pare che l’introduzione della religione musulmana nelle isole Maldive sia dovuta a un giovane studioso del Corano, Abul Barakat Yoosuf Al Barbary, il quale ottenne il consenso anche del sultano Ali VI che inviò presso tutti gli atolli dei missionari che convertissero le popolazioni locali al nuovo Credo e ordinò di distruggere tutti i templi buddhisti rimasti del Paese.
I Portoghesi
Nel XVI secolo i portoghesi, avendo stabilito una base commerciale a Goa, a sud ovest dell’India, in poco tempo decisero di rafforzare il loro dominio sull’arcipelago erigendo un forte e un opificio anche a Malé. Nel 1558 Andreas Andre, maldiviano alleatosi ai portoghesi e postosi a capo di un contingente armato, depose il sultano Ali VI e infine lo uccise. I portoghesi governarono dunque le Maldive per quindici anni, periodo che i maldiviani rievocano con grande rancore perché i conquistatori europei costrinsero le antiche popolazioni a convertirsi al Cristianesimo. Sempre secondo la leggenda, un giovane rampollo di una potente famiglia dell’isola di Utheemu (Haa Alifu), Mohammed Thakurufaanu aiutato dai suoi fratelli, sconfisse il governatori portoghesi che vennero massacrati e messi in fuga. L’evento viene commemorato come festa nazionale e ancora oggi sull’isola di Utheemu è possibile vedere il monumento eretto al giovane eroe.
Il Protettorato inglese dell’Ottocento
Nei secoli successivi numerose potenze europee, la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra, tentarono di ritagliarsi uno spazio d’ingerenza sulle Maldive, considerate come un ottimo punto di snodo delle rotte commerciali, ma queste riuscirono sempre a conservare la propria autonomia con una politica di neutralità nei confronti di tutte le potenziali alleanze. Tuttavia, intorno al settimo decennio del XIX secolo, i borah, mercanti di Bombay, aprirono numerose botteghe a Malé arrivando a monopolizzare il commercio con l’estero. I maldiviani, allora, temendo un controllo a tappeto sull’arcipelago, nel 1887 cedettero agli inglesi nel siglare un accordo, il cosiddetto “Protettorato britannico indipendente”, che li vide alleati in caso di ingerenze esterne, ma che di fatto li pose sotto il controllo diretto della Gran Bretagna.
Il XX secolo
Il XX secolo costituisce per i maldiviani un secolo di grandi evoluzioni e rivoluzioni, non ultima la prima costituzione promulgata nel 1932 che trasformò la successione al sultanato da ereditaria a elettiva, da parte di una minoranza di aristocratici. Seguì la Seconda Guerra mondiale che, con la riduzione dei traffici con Ceylon (Sri Lanka), contribuì a un forte aumento del tasso di malnutrizione della popolazione. Nel 1948 Ceylon ottenne finalmente l’indipendenza e, come era successo circa un cinquantennio prima, i maldiviani, temendo nuove manovre espansionistiche, sottoscrissero un patto di difesa con gli inglesi in cui tuttavia si specificavano i limiti entro cui non interferire con la politica interna del paese. In cambio della protezione garantita, i maldiviani concessero basi militari ai britannici a sud dell’arcipelago. Nel 1953 le Maldive abolirono il sultano e si dichiararono una repubblica all’interno del Commonwealth: Mohamed Ameen Didi assunse la carica di Presidente della prima Repubblica, ma durò poco perché dopo solo un anno il sultanato venne ripristinato, Ameen venne deposto e le Maldive elessero Mohamed Fareed come nuovo sovrano. Gli inglesi, pur rispettando i limiti imposti dall’accordo del 1948, continuarono a sfruttare le Maldive come campo di aviazione e stipularono un accordo relativo all’isola di Gan, nell’atollo meridionale di Addu, per cui essa sarebbe rimasta in usufrutto della Royal Air Force per 100 anni dietro pagamento di un’indennità annuale e vi costruirono una base attrezzata all’addestramento e al rifornimento di armi che diede lavoro a centinaia di maldiviani. Quando venne eletto il primo ministro Ibrahim Nasir, tuttavia, questi decretò di rivedere gli accordi con l’Inghilterra per abbreviare i termini dell’affitto: la decisione destò i tumulti delle popolazioni locali delle isole meridionali che videro compromesse le loro opportunità lavorative. Gli accordi relativi all’affitto di Gan, nonostante qualche lieve variazione subita nel corso degli anni e l’indipendenza conseguita nel 1965, rimasero in vigore fino al 1976. Nel mentre, a seguito del referendum abrogativo, nel 1968 il sultanato venne abolito in via definitiva e venne instaurata la seconda repubblica con Ibrahim Nasir presidente.
Nel 2003 a Colombo il giovane Mohammed Nasheed, ex prigioniero politico, fondava il Maldivian Democratic Party (MDP). Nel 2004 un evento naturale disastroso sconvolse la popolazione maldiviana, lo Tsunami che investì buona parte dell’arcipelago costringendo molti maldiviani a evacuare su altre isole. In quegli anni Gayooum indisse una serie di riforme politiche, tra cui la possibilità di indire elezioni multipartitiche, che lo sfavorirono in prima persona.
Infatti dopo decenni di governo monopartitico, nel 2008 si affacciò sulla scena politica Mohammed Nasheed, il primo Presidente della nazione eletto democraticamente. Il governo democratico diede avvio a numerose riforme tese allo sviluppo e alla tutela del Paese: la graduale trasformazione delle Maldive in un paese a zero emissioni, l’istituzione di un fondo mirato ad acquistare terre all’estero in vista del possibile inabissamento dell’intero arcipelago a seguito del surriscaldamento globale, il divieto di caccia agli squali, la privatizzazione di una ventina di aziende, la pianificazione di una rete di trasporti pubblici nazionali, l’introduzione di un sistema fiscale, un sistema sanitario e uno previdenziale, oltre che un ammorbidimento delle norme comportamentali imposte dalla cultura maldiviana ai turisti in visita. Si pensi, ad esempio, al 2009, quando il presidente Nasheed tenne una conferenza dei ministri subacquea, evento unico al mondo, per dimostrare l’urgenza del problema del surriscaldamento delle acque dell’Oceano e della possibile inondazione futura delle terre emerse la cui vetta più alta ad oggi non supera i 2,5 m. Le guest-house, infine, costituiscono l’ultima frontiera del processo di modernizzazione del turismo maldiviano oltre che un concreto indice di svecchiamento della cultura locale e apertura alle culture esterne: questa nuova formula di ospitalità alberghiera assottiglia significativamente la separazione tra popolazione locale e turisti mettendoli in stretto contatto, rispetto a quanto offerto dall’atmosfera asettica dei resort.